Ha interpretato Pontormo nella Firenze Rinascimentale del cinquecento (nel film del regista Giovanni Fago), e la sua lunga carriera cinematografica lo ha portato a vincere la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile alla mostra del cinema di Venezia nel 2008, farlo conoscere per i suoi ruoli nei film di successo come I tres amigos! (1986), Il padrino Parte III (1990), Forget Paris (1995), e Qualcosa di personale (1996). Nel 2011 ha ricevuto la sua stella sulla Hollywood Walk of Fame di Los Angeles.
Joe Mantegna non è solo attore, ma anche produttore e regista.
In questo video interpreta “Ercole” una serie di poesie scritte dal poeta italiano Gabriele Tinti ispirate alla figura di Ercole a Los Angeles County Museum of Art (LACMA)
Gabriele Tinti, che vive tra Senigallia e New York, ha scritto molte poesie per opere dell’arte antica come Il pugile a riposo conservato al Museo Nazionale Romano, Il Galata suicida al Palazzo Altemps, il Victorious Youth al Getty Museum di Los Angeles e l’Ercole al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e al Metropolitan di New York. Le sue poesie sono state lette da attori come Robert Davi, Michael Imperioli, Franco Nero, Burt Young, Alessandro Haber e Silvia Calderoni.
Ercole, eroe e semidio della mitologia greca, il più forte tra gli uomini – viene da Tinti cantato attraverso la lamentazione del figlio Illo alla cui voce ha affidato tutto il poema. Il poeta ha immaginato l’eroe nel momento cruciale in cui si è trovato di fronte alla morte ipotizzando, il travaglio interiore dell’eroe e gli ultimi istanti della sua vita, cedendo alla stanchezza delle fatiche per abbandonarsi alla morte
Vedi anche Poesia & Arte. Vincent Piazza legge “Ercole” di Gabriele Tinti
I
Elio spense
ogni fuoco solare
la Luna rallentò
il suo corso
Sonno con dolcezza corruppe
le menti degli uomini
mentre Alcmena
veniva tratta in inganno.
II
Crescevi
ogni volta nel dolore
attraverso il dolore
eri forte
il più forte degli uomini
mai t’arrestavi
dinanzi alla sofferenza
mai ti sorpresi
inchiodato alla paura
sempre ti vidi
combattere
ebbro di vita
bramoso di tutto
potente e grave nello sguardo
facevi il vuoto attorno a te
ed era un Dio a muoversi
quando tu avanzavi
era un Dio a comandare
quando tu tuonavi
la corda del tuo arco
sempre vibrava
sotto il segno d’un destino
pericoloso.
III
Moltiplicasti ogni pericolo
distruggesti ogni essere
infrangesti ogni umana
e divina legge
la tua felicità
la tua grazia
inondarono la terra
di nuova bellezza.
IV
Troppe stelle troppo
cielo troppe ombre
troppa vita la tua
breve e violenta
vestita di sangue
un veloce calvario
un unico strazio.
V
Ribellati
alla carne
a questo sangue
che ti devasta le vene!
ribellati
alle ossa
a questa primavera
soffocata
in brandelli!
ci deve essere
un cielo possibile
un’alba migliore.
VI
Quante volte
hai indossato
la morte?
Quante volte
l’hai sognato
questo improvviso
perdere d’equilibrio
questo rimanere
senza fiato
quest’ultimo
terribile
azzardo?
VII
Con le tue mani
ti vidi allestire
la tua festa più bella
in preda al dolore
sospeso sull’abisso
non smettesti di danzare
sospinto da una corrente leggera
dal fruscio del vento
dall’ombra strozzata
della tua bara
in fiamme.
VIII
Eccoti
accomodato
nelle tua stessa notte
sovrastato
dalla tua agonia
trafitto
da tante lacrime
solo per cercare
un po’ di tregua
un’altra mattina.
IX
Alto il fuoco
illuminò le pendici
del Monte Eta
bruciò la pira
e tu con essa all’unisono
in un crepitìo senza voce
senza moto senza direzione
senza più alcun nemico
possibile.
Fonte